filospinato

scrivo un componimento, no meglio un compendio, magari un articoletto per il giornale della scuola, del gruppo Facebook, Nò! Meglio che ti lanci dalla finestra è descrivi la conseguenza del tuo salto. Questo perché iniziare a scrivere, significa: scrivere! Non ci sono scuse, o provini da affrontare. Sei tu il protagonista, ci sarà sempre un po’ di te nel testo che scrivi, e non può limitarsi a due “cartelle” per la scuola. Se vuoi scrivere, dovrai fare molto di più, dovrai diventare il lupo mannaro di te stesso.

– stavo volando, non ci potevo credere, ed infatti durò la frazione di una frattura. Anzi erano più fratture, e dolorosissime. Decisi di ascoltare il suggerimento. Come di chi? Di quel pirla che scriveva nel blog! Non volevo accontentarmi di quell’incarico della scuola, volevo di più e ho osato. Sì, sì, adesso so cosa voleva insegnarmi, ma a spese mie. Mia madre è svenuta sul pavimento della cucina, mio padre ha sradicato il telefono per salvarla, il medico che ascoltava pensava che fossimo una famiglia di pazzi. La mia carne era diventata parte dell’asfalto. Anzi aveva riempito tutti quei buchi vuoti neri. In cambio mi aveva conficcato tutte le sporgenze nella mia carne, come se ne avessi bisogno. Adesso? Adesso sò! Comechecosa? Sò descriverti un dolore, un volo, l’impatto con il cemento, pardon asfalto. L’odore lezzoso di olio e merda di cane. So descriverti i piedi, le scarpe, le calze sbagliate, e come si vede una persona dal basso. So descriverti le minchiate che la gente dice durante un incidente. So dirti chi è il più cretino di quelli che ha cercato di raddrizzarmi le braccia e le gambe rotte. Posso dirti quanto sia piacevole sentire quel grido potente che si avvicina, quella frenata stridente, lo scalpiccio sull’asfalto, il gracchiare della radio, la punta dell’ago che buca la pelle. Quel bruciore caldo dell’antidolorifico color giallo piscio. La morbidezza del lenzuolo bianco che si riempie di chiazze rosse. So dirti che ogni gradino dell’ospedale si trasforma in fitte di dolore che ti scuotono tutto il corpo. Posso descriverti i soffitti, gli uccelli che volano, le nuvole, quell’aereo giallo e bianco, le luci al neon fortissime, gli occhiali dietro alle mascherine verdi dei chirurghi. Il tanfo di etere che ti stupra il naso. Il rumore accelerato della paura, che fa alzare quella pallina rossa che disegna sul monitor il tuo battito del cuore. Potevo farne a meno? Sì, decisamente sì. Ma ero troppo orgoglioso, arrogante, così che ogni volta che qualcuno mi chiede perché hai tutto quel filo spinato sulla finestra rispondo: non è per evitare che entrino i ladri, ma per evitare che il coglione che si nasconde nel mio cervello, gli venga in mente di provare una nuova ebrezza del volo, per dimostrare a se stesso che bisognava farlo. –

Non serve saltare, non fatelo! Basta srotolare un po’ di filo spinato, quasi un filtro magico, che tenga lontano gli stronzi invidiosi, ma che vi protegga da voi stessi. Non accettate ruoli o compiti minori, tanto per testare voi stessi, perché la fine è saltare giù dalla finestra.

Se sai di essere qualcuno, e credi in te, non credere a nessun altra cazzata.